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Progetti

Un polo unico ed aperto

Intervista a cura di Simona Sala pubblicata su Azione, 29 settembre 2014 (pagine 40-41)

Il futuro del LAC
A colloquio con Giovanna Masoni Brenni, responsabile dell’Area cultura e dell’istruzione, nonché vicesindaco di Lugano, sul valore della cultura, dell’ispirazione e delle finanze.
Le polemiche attorno alla necessità della realizzazione del LAC hanno accompagnato, spesso caratterizzandolo, il dibattito politico del nostro Cantone degli ultimi anni. Abbiamo dunque deciso di ripercorrere le tappe salienti di un lungo processo, mettendo in luce quelle che saranno le grandi sfide dei prossimi anni.

Onorevole Giovanna Masoni Brenni, a che punto sono i lavori del LAC?
«Entro la fine dell’anno l’edificio sarà consegnato e collaudato, e a ruota anche la questione della facciata troverà soluzione. Prenderemo possesso degli spazi in modo attivo. Dopo i collaudi tecnici seguirà la messa in esercizio, dobbiamo infatti accertarci che tutto funzioni bene, dall’umidità alla temperatura ideale per il museo, all’acustica per le sale da concerto, agli impianti della torre del teatro, e così via. L’apertura ufficiale avrà luogo il 12 settembre 2015».

Come si intenderà collocare il LAC in un panorama culturale già per sua natura fitto e denso come quello ticinese? Intendete affrontare un nuovo modo di fare cultura?
«Punteremo molto sulla transdisciplinarietà: il LAC vuole essere un centro culturale aperto al contemporaneo, rivolto a tutte le forme espressive dell’arte. Le barriere tra le varie discipline esistono infatti solamente nelle nostre teste. Il LACavrà un doppio sguardo, rivolto sia a Nord, sia a Sud: per il Nord guarderà agli istituti culturali, alla tradizione e alla scena culturale della Svizzera di lingua tedesca e romanda, ma anche ai grandi movimenti artistici del Novecento del Nord dell’Europa e agli sviluppi di essi nell’arte contemporanea; lo sguardo verso Sud manterrà viva l’attenzione nei confronti della cultura e della lingua italiane. Questo posizionamento privilegiato tra Nord e Sud è in fondo la nostra cifra, che al LAC si indagherà e declinerà in forme diverse».

Vi è un ambito in particolare su cui il LAC si focalizzerà?
«Il nostro focus sarà soprattutto sul Novecento e il Contemporaneo e, come detto, fra Nord e Sud. La differenza rispetto al passato è che vi sarà maggiore attenzione alla creatività, a co-produzioni e produzioni realizzate qui, anche per quel che riguarda il teatro. Non vogliamo più essere unicamente un teatro di accoglienza. La grande sfida sarà quella di riuscire a coniugare la dimensione locale con quella internazionale: essere attivatori di eccellenze locali e attrattori di eccellenze e competenze esterne. Lavoriamo da diversi anni per preparare questa anima ibrida del LAC e del Polo Culturale, ora avremo finalmente strutture adeguate. A questo riguardo in corso d’opera siamo riusciti - con l’approvazione del Consiglio Comunale - a inserire un teatro studio nel LAC. Esso ci permetterà di avere contemporaneamente spettacoli nella sala principale e prove e produzioni più raccolte, ma di qualità, nel teatro studio. Abbiamo recentemente nominato Carmelo Rifici come responsabile degli spettacoli: egli conosce bene il teatro italiano ed europeo, essendo stato per sei anni al Piccolo Teatro di Milano. Rifici si è già attivato allacciando un buon dialogo con le compagnie locali che mostrano una crescente vitalità, e avviando un lavoro importante con le scuole. Il direttore Michel Gagnon ha conoscenza della scena teatrale internazionale, ma è attento anche alla realtà e al pubblico locali. Lo stesso vale per Etienne Reymond, direttore di Lugano Festival e della stagione musicale, forte di 13 anni di esperienza alla Tonhalle di Zurigo. Il nostro vuole essere un profilo di qualità, aperto a tutti e a più pubblici».

Esiste un principio su cui il LAC si fonda?
«Crediamo che la cultura sia un investimento: per la crescita culturale, sociale e per lo sviluppo economico e d’immagine che ne derivano. Ciò presuppone il riconoscimento dell’esistenza e dell’importanza di una rete di attori diversi (pubblici, parapubblici e privati) attivi nella cultura: il Polo Culturale è questo. Il suo epicentro, a Lugano, sarà il LAC, che dà e riceve. Tutti sono importanti e possono trovare la propria collocazione nella rete, rafforzandosi a vicenda: pensiamo alle biblioteche, agli archivi, ai musei, alle compagnie teatrali, a orchestre, gallerie e così via… Manca però, e dobbiamo porvi rimedio - viste e considerate le difficoltà delle finanze pubbliche - una condizione quadro essenziale per favorire il contributo (in denaro o in natura, ad esempio opere d’arte) dei privati; a questo proposito è necessario creare condizioni fiscali favorevoli, ad esempio defiscalizzando maggiormente contributi importanti di imprese e persone fisiche. Lo spazio -1 è un immobile donatoci da privati, riattato da una fondazione anch’essa originata da un lascito privato. La Collezione Olgiati è un comodato grazie al quale siamo entrati in possesso di una grande collezione di provenienza privata. Chi mette a disposizione della collettività beni culturali di questa qualità e importanza deve vedere riconosciuto il contributo fondante a un progetto pubblico. Analogamente a chi versa importanti contributi in denaro: in molti Paesi e anche in diversi Cantoni svizzeri, chi dà un contributo in denaro a istituzioni di interesse pubblico come il museo di base, può usufruire di una importante deduzione fiscale, con realtà che toccano picchi del 100%. Da noi purtroppo si arriva solamente al 20%».

Quando si parla di LAC, in particolar modo i detrattori, ma anche chi dice di difendere una visione realistica dell’investimento, mette in dubbio l’effettiva sostenibilità del progetto. Come rispondete a questa critica?
«Da anni, ben prima che le finanze di Lugano si deteriorassero, direi dal giorno in cui ho ereditato il LAC nel 2004 (quando era già progettato per 7 milioni di franchi) abbiamo avviato un processo di trasformazione delle istituzioni pubbliche a semplice copertura del deficit per mano di istituti misti (pubblico-privato) per arrivare poi a mandati di prestazione a importo fisso. Ci siamo orientati su quanto capita nella Svizzera interna, dove esiste una forte compartecipazione tra pubblico e privato. Questo ci aiuterà, anche se sono necessarie buone condizioni quadro fiscali e tempo, oltre a un cambiamento di mentalità. Per quanto riguarda i costi di gestione, li abbiamo compressi il più possibile e continueremo a farlo; dai previsti otto milioni, siamo scesi sotto i sei all’anno - comprensivi di un potenziamento dell’offerta culturale, ridotto in considerazione della situazione delle finanze, ma necessario - e ci stiamo ancora lavorando. Non dimentichiamo inoltre che c’è stato anche il restauro dell’ex Palace, che sta portando nuove attività e nuovi contribuenti, in buona parte con residenza primaria. La sfida del LAC sarà anche questa: la sua sostenibilità in un momento difficile. Riuscire a fare bene con i mezzi che abbiamo e che riusciamo a raccogliere. Riuscire, con il LAC, ad aiutare una rinascita di Lugano. Una sfida ancor più difficile, ma non per questo meno appassionante».

Giovanna Masoni, in questi anni lei si è più volte trovata a dovere difendere le proprie scelte e il proprio operato. A nessuno è sfuggito il grande impegno, addirittura una sorta di affetto nei confronti di questo progetto.
«Per me è un progetto che si realizza e in cui ho messo tante energie; in nove anni all’edilizia pubblica e al genio civile ho visto molti progetti edilizi, ma questo è quello che è durato di più (si è avviato alla fine degli anni ’90!). Credo che il LACcambierà Lugano e la Svizzera italiana, un po’ come il KKL ha trasformato Lucerna. Una debolezza di questi anni è stata rappresentata dalle critiche, non parlo di quelle costruttive, volte a migliorare, ma di quelle «per partito preso» o, peggio, per interessi economici privati spacciati per interesse pubblico. Il LAC ha richiesto molte energie, anche dal punto di vista dell’organizzazione, della costruzione del consenso politico e dei contenuti. Quando vedrò il LAC funzionante sarò felice, pur restando consapevole che si tratterà di un punto di partenza e non di un punto di arrivo».

In Ticino si ha spesso l’impressione che in ambito culturale (e non solo, pensiamo a quello ospedaliero) ognuno si occupi soprattutto del proprio «orticello». Come si posizionerà un centro culturale di questo tipo di fronte a quanto già esiste su un territorio piccolo come quello ticinese?
«Da quando sono entrata in Municipio ho investito molto sulle collaborazioni tant’è che, sotto la direzione unica di Marco Franciolli, molto bene inserito nella rete dei musei, Città e Cantone intendono fondere Museo Cantonale d’Arte e Museo d’Arte di Lugano in quello che sarà il vero e proprio «Kunsthaus» della Svizzera Italiana - che dovrà poi collaborare con tutti gli altri musei legati alle arti visive, ognuno con la sua specificità. Penso che ognuno dovrebbe rafforzare i propri punti forti. Credo ad esempio che Bellinzona dovrebbe valorizzare il suo museo, realtà piccola ma interessante, e puntare anche sulla storia e sul museo storico: ha i Castelli (Patrimonio UNESCO), l’Archivio di Stato e un centro storico molto ben conservato. Senza contare Castellinaria e Babel. Locarno è regina del cinema: il Palacinema e i lavori al Fevi rafforzeranno ulteriormente il Festival di Locarno e di conseguenza una regione con molte realtà preziose, come ad esempio quella delle arti visive. Senza contare il Monte Verità e le Settimane Musicali. Chiasso ha un Polo Culturale piccolo ma agguerrito. Mendrisio ha l’architettura, comprendente, oltre all’Accademia, istituti di ricerca e archivi di architettura e design molto preziosi e di alto profilo. Presto avrà anche un museo. Quello che tutti i centri urbani dimostrano è che non esiste turismo senza cultura. E mi pare che i sindaci e la sindaca delle nostre città l’abbiano ben presente. Non dimentichiamo che la cultura porta un indotto economico stimato fino a sei volte. La cultura produce lavoro e innovazione, e ha un ritorno di immagine. Personalmente sono convinta del fatto che, più si rafforzano le realtà culturali presenti sul territorio, più il territorio si sviluppa, ed è uno sviluppo di qualità, e per tutti, a cui tengo. Il Ticino ha un’università che ancora non ha vent’anni; quella di Basilea ne ha quasi 570! Lugano è stata la prima città del Cantone ad avere un Dicastero cultura, seguito da quello di Chiasso, ma siamo ancora giovani rispetto ad altre realtà; è un cammino di sviluppo, che dobbiamo percorrere insieme, a poco a poco».